Sostenibilità

Honduras: emergenza caffè. L’equosolidale salva il chicco

Il coordinatore dei produttori in Honduras, dopo 3 anni di crisi con costi di produzione più alti dei prezzi di vendita, spiega i frutti della sua lotta (di Benedetta Frare).

di Redazione

Le immagini della violenta repressione della protesta dei cafetaleros honduregni avevano fatto il giro d?Italia, alla vigilia dello scorso Ferragosto. Erano state inviate dalla Central, il coordinamento di produttori di caffè dell?Honduras che lavora nel circuito del commercio equo e solidale. Decine i feriti e gli arrestati, durante quel 13 agosto, tra cui Dagoberto Suazo Zelaya, presidente della Central. In Italia, grazie alla mobilitazione di TransFair e del Consorzio Etimos, centinaia di fax hanno inondato l?ambasciata dell?Honduras, chiedendo la scarcerazione dei produttori coinvolti. Oggi, dopo sei mesi, Dagoberto Suazo è in Italia per ringraziare chi ha partecipato a quella manifestazione di solidarietà, che gli ha permesso di ritornare al tavolo col governo, e Vita lo ha intervistato. Vita: Quali i motivi all?origine della protesta contro il governo dell?Honduras? Dagoberto Suazo Zelaya: Siamo andati a protestare perché avevano promesso un sostegno e poi l?hanno negato. Avevamo chiesto un prestito di 20 milioni di dollari che ci avrebbe consentito di superare questo momento difficile, chiedendo che gli interessi sul prestito fossero investiti in sostegno allo sviluppo e in progetti di diversificazione delle colture. Vita: Quali conseguenze ha avuto il suo arresto e quello dei suoi compagni? Suazo: L?esperienza che abbiamo vissuto è stata durissima e le lettere inviate dall?Italia hanno contribuito alla nostra liberazione. E il risultato è stato importante: il governo ci ha concesso il prestito. Una buona base di partenza per un lavoro comune. Vita: Lei rappresenta un coordinamento di 10mila cafetaleros. Qual è la situazione dei produttori non organizzati? Suazo: è il terzo anno consecutivo di crisi del prezzo del caffè. Il costo di produzione supera il prezzo di vendita: 120 dollari al quintale contro un prezzo medio di 100. La traduzione pratica è semplice: da noi è aumentata la mortalità infantile in molte zone e la gente soffre la fame. è come se in Italia riducessero del 50% le entrate familiari. Vita: Qual è la differenza coi produttori che lavorano per il commercio equo? Suazo: è notevole: il caffè ci viene pagato 250 dollari il quintale. Questo si traduce nella possibilità di dare un?istruzione ai nostri figli, di garantirci l?assistenza sanitaria, di sviluppare la nostra attività. Possiamo diversificare la produzione, coltivando anche cereali e ortaggi. Vita: Lo scorso anno è giunta in Italia la notizia della campagna nicaraguense contro i pesticidi. Qual è la situazione in Honduras? Suazo: Le multinazionali hanno da tempo introdotto pacchetti tecnologici che prevedono la fornitura di sementi e pesticidi chimici che si sono rivelati nocivi per coltivazioni e lavoratori. Noi, invece, stiamo rafforzando la produzione bio, utilizzando la polpa del caffè, di norma scartata, come fertilizzante naturale e organizzando programmi intensivi di formazione per i produttori. Vita: In Italia la società civile si sta impegnando in una campagna contro il dumping agricolo. Come vivete il fenomeno da voi? Suazo: Pesantemente, con l?inserimento del riso asiatico nel mercato interno honduregno. Un tempo la nostra produzione ci consentiva di sopperire ai bisogni del mercato. Ma da quando è arrivato il riso asiatico, venduto sul mercato a un prezzo molto più basso del nostro, la coltivazione locale è finita. Oggi dipendiamo dall?Asia per il fabbisogno di riso. Se questo succedesse anche per altri prodotti agricoli, l?economia del nostro Paese, che è basata sulla produzione rurale, affonderebbe irreparabilmente. Benedetta Frare


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA